LA FESTA DELLA FORMA IMPRENDIBILE – Marco Focchi – 2015
Dinamiche della video arte

Quando è finito un quadro? Quando il tocco aggiunto diventa l’ultimo tocco perché l’opera è ormai perfetta? Consideriamo tutti perfetta, per esempio, la Gioconda. Ma i baffi che le aggiunge Duchamp, che non sono certo uno sfregio, aprono un nuovo campo di esplorazione e svelano un nuovo pensiero per un’arte dove l’idea di perfezione appare un limite, piuttosto che un obiettivo da raggiungere.

L’opera non è mai l’istantanea che fissa un momento per sempre, ma è un’energia in divenire. Accogliere i grandi lavori del passato significa farli vivere nel nostro mondo, e il Cenacolo di Leonardo visto con gli occhi di Andy Wahrol non è meno interessante dell’originale, anzi, in un certo senso ne fa parte, ne è un passaggio, una trasformazione.

L’arte non cade mai su un punto fisso, ma si produce in un movimento, nella produzione di una differenza che la routine della vita tende a rendere invisibile.

Questo non vale solo diacronicamente, sulla linea in cui gli artisti contemporanei si riappropriano delle opere del passato, come Bacon che traduce le angosce del nostro mondo nel volto sfigurato di un’Innocenzo X reinterpretato a partire dal ritratto di Velasquez. Vale anche per l’artista al lavoro con forme e colori che si producono in una molteplicità e in una ricchezza a volte difficili da disciplinare in una sola tela. La tensione interiore di queste forme si insegue in variazioni ognuna delle quali non è il superamento dell’altra, ma ne rappresenta solo la continuazione in una corrente continua. È allora come una festa, un’esplosione di forme e di colori, una sovrabbondanza che nessuna figura statica può contenere.

Liliana Ciotto, con la sua opera La festa della forma imprendibile entra esattamente in questa dimensione dinamica dell’arte, in un’arte che non insegue la perfezione di ciò che è compiuto una volta per tutte, ma che si apre all’infinita varietà del reale, agli scorci interessanti ciascuno dei quali potrebbe essere un quadro compiuto, ma che in ogni passaggio ci suggerisce: “Guarda questo, e anche questo, e questo ancora!”. Le immagini che si trasformano sotto i nostri occhi non si susseguono in una logica di aggiunte. Ciascuna potrebbe essere da sé completa, ma la successiva non è meno interessante né meno completa, e ci rendiamo conto che il flusso di fronte a cui siamo non va all’inseguimento di una meta, ma è la pura esibizione di una ricchezza visiva che ci cattura lo sguardo, che ci tiene in sospeso, che fa entrare nella visione la dimensione temporale dell’attesa. Il nostro sguardo non si ferma su un’immagine ma, nel godere di quella che appare, segue la sua fuga verso la successiva. Ma questa formulazione è ancora insufficiente, perché potrebbe far pensare a elementi discreti, discontinui, mentre l’opera di Liliana trova una dimensione al di là dell’ordine discreto, è la pura presentazione del flusso.

I colori caldi, empatici, mai tuttavia enfatizzati, sono tenuti insieme da un’armonizzazione che appare come una disciplina emotiva, un’intensità forte che rifiuta di trasporsi nelle emozioni selvagge, e ci accolgono per portarci in una fuga di sensazioni che ci accarezzano, ci seducono, filtrano la violenta pulsione di guardare a cui ci espongono. Il cinema ci coinvolge raccontandoci storie attraverso immagini in movimento. La forza del lavoro di Liliana è di farci entrare nella dimensione temporale legata al movimento, senza bisogno di raccontarci nessuna storia. Le figure sono astratte, non hanno nulla a che vedere con la rappresentazione. Danno anzi un senso di concretezza senza al di là, sono pienamente immanenti e, diversamente da molta parte dell’arte contemporanea, non hanno conti in sospeso con la bellezza. L’abbracciano anzi senza riserve, e ci fanno capire che i drammi del mondo contemporaneo, le crisi, il logoramento consumistico, non ne hanno ucciso in noi il senso spontaneo.
Ma ci vuole un artista che sappia capirlo e mediarlo per portarcelo davanti agli occhi e ricongiungerci con essa.

THE CELEBRATION OF ELUSIVE FORM – Marco Focchi – 2015
Video art dynamics

When is a painting finished? When does the added touch become the last, since the work is now perfect? For example, we all consider the Mona Lisa perfect. But the moustache and reveals a new way of thinking about an art where the idea of perfection seems to be a limit rather than a goal to be attained.

The work is never a snapshot that captures a moment forever, but is, rather, an energy in a state of becoming. Embracing the great works of the past signifies, having them live in our world, and Leonardo’s Last Supper, seen through Andy Warhol’s eyes, is no less interesting than the original; on the contrary, in a certain sense it belongs to it, is a passage, a transformation of it.

Art never occurs at a fixed point, but is produced within movement, within the production of a difference that the routine of life tends to render invisible.

This holds true not only diachronically, where contemporary artists once again appropriate works from the past, as when Bacon translates the anxieties of our world into the disfigured face of Innocent X, reinterpreted from the starting point of Velasquez’s portrait. It also holds true for the artist working with forms and colors produced in a multiplicity and wealth that can be difficult to restrain to a single canvas. The inner tension of these forms is pursued in variations, none of which supersedes any other, but represents only its continuation in a continuous stream. And so it is like a celebration, an explosion of forms and colors, a profusion that no static figure can contain.

Liliana Ciotto, with her work La festa della forma imprendibile, (The Celebration of elusive form) enters precisely this dynamic dimension of art, in work that does not pursue the perfection of what is finished once and for all, but which is open to the infinite variety of reality, to interesting glimpses, each of which could be a finished painting, but which in every passage, suggests: “Look at this, and this too, and this as well!” The images that transform before our eyes do not follow along in a logic of additions. Each could be complete on its own, but the next one is neither less interesting nor less complete, and we become aware that the flow we are witnessing is not in pursuit of a goal, but is the pure exhibition of a visual richness that captures our glance, that holds us in suspension, that brings into view the temporal dimension of expectation. Our glance does not linger on one image but, in the enjoyment of what appears, follows its flight toward the next one. But even this formulation is insufficient, for it could cause us to think of discrete, discontinuous elements, while Liliana’s work finds a dimension beyond discrete order and is the pure presentation of flow.

The warm, empathetic yet never emphatic colors are held together by a harmonization that seems like an emotional discipline, a strong intensity that refuses to be transposed into wild emotions, and they invite us to move into a flight of sensations that caress us, seduce us and filter the violent impulse to look at what they expose.

Cinema involves us, telling us stories through images in motion. The power of Liliana’s work is that it draws us into a temporal dimension tied to movement without needing to tell us any story. The figures are abstract and have nothing to do with representation. On the contrary, they give a feeling of concreteness without going beyond; they are fully immanent and, unlike much contemporary art, have no unsettled account with beauty. Indeed they embrace it unreservedly, and they have us understand that the dramas of the contemporary world, the crises, the wear and tear of consumer culture, have not killed our inner sense of spontaneity. But this requires an artist who knows how to understand and mediate beauty, to place it before our eyes and have us reunite with it.

 

MARISA VESCOVO – 1991

Con i suoi colori decisi, forti, scanditi, Liliana Ciotto ci porta verso spazi sconosciuti, crea degli assiomi quasi inimmaginabili che diventano realtà: e percorrendo questi spazi della mente la nostra sensibilità si amplifica per recepire quell’ “altro” che oggi si può appena immaginare possibile. L’arte, crea così dei “segni” che,  già solo per il fatto di esistere, diventano creatori di stile, cioè esercitano la loro Influenza su tutto ciò che viene aggiunto di “nuovo” al nostro ambiente.

Non c’è dubbio che ogni opera di Liliana conferisca anche all’ambiente un’atmosfera animata, che irradia una luminosità distribuita con calcolo brillante.Le regole in effetti esistono (potremmo pensare alla “sezione aurea”), ma l’effetto poi è quello di regole che vengono trasgredite, obliterate, rese “altre”. Lo spazio pittorico, In tal modo, esce dal supporto, e parte,di un fenomeno pluridimensionale in cui lo spazio reale e quello psichico si sovrappongono.

Se ci poniamo innanzi a qualsiasi opera della Ciotto, subito ci rendiamo conto che percepiamo l’entrare veloce nella nostra “retina” di una pittura che, anche quando pare snodarsi dentro una sua peculiare misura labirintica, amebica (ovvero: un nucleo generatore di ogni forma del vivere), biomorfica, evocativa, difatto è tutta sottesa di strappi, fratture, silenzi, balenii di fiamme, ambiguità morbose. Proprio per questo è evidente che il problema secco che sta al centro della ricerca dell’artista è: il colore-luce. Esso è il perno fisso attorno a cui gira un’antica “tradizione” italiana, ma anche un’antica tradizione novecentesca, che va da Matisse all’Espressionismo astratto, da Rothko a Boccioni, a Balla. Il colore plastico è soprattutto l’espressione di una visione soggettiva, di uno “stato d’animo”, di una libido che diventa eros di possesso, ma pure un vistoso e iridescente mezzo di liberazione.

I colori immersi nella luce della Ciotto mettono in scena la bellezza di un attimo, emozioni dimenticate e riscoperte, che ci insegnano la gioia dello sguardo, la capacità di goderne, contro la tentazione della rinuncia. Le “cose” esistono quando ne scopriamo -quindi ne inventiamo -il colore e la luce; e nei “colori del giorno”, e della natura, vivono tutti i colori possibili.

L’artista però si astiene dall’esplicitare le immagini, segue Invece quello che potrebbe chiamarsi il filo del pensiero inconscio, i percorsi tortuosi, gli scatti repentini, i ritorni, le accelerazioni dei nostri moti interiori. In questo vaporoso paese dell’inesistenza dei fondamenti, i segni secchi, neri, veloci quasi per sfida, si muovono acrobatici verso un’apertura che nessun orizzonte racchiude. La pittura -lavorata su varie stratificazioni-diventa un evento che, attraverso il colore, dispone la materia in modo che le superfici si Inondino di luce, ma anche che Il mondo delle ombre si allontani sempre più.

La Ciotto in questo caso sembra dare alla sua pittura quel valore alchemico, che le appartiene in quanto operazione che porta la materia da uno stadio inferiore ad uno stadio superiore, attraverso una veloce e precisa operazione che vede uniti in un’unica meta pensiero e azione. Riattivare l’immaginazione non come semplice estro inventivo, ma come energia, è la sola condizione per mutare l’immagine da decorazione in significato, da cosmetico del mondo in altri mondi e altre forme di esistenza e di comunicazione.

MARISA VESCOVO – 1991

With her strong, distinct colours, Liliana Ciotto takes us towards unknown spaces, creates nearly uninmaginable axioms that become reality: and going throught these mental spaces our sensibility is amplified to perceive that “other” that today can only be imagined as possible. In this way art creates signes that, if only because they exist, become creators of style, namely they exert their influence on everything new added to our environment.

There’s no doubt that every work gives to the environment an animated atmosphere, that sheds a light that is distributed with brilliant calculation. Rules indeed exist (we could even think of the “golden section”) but then the result is that of rules that are transgressed, obliterated, changed into “other”. In this way the pictorial space comes out from the support and becomes appearance and part of a pluridimensional phenomenon in which real and psychical space superimpose each other. If we are facing any of Liliana Ciotto’s works we realise that we can immediately perceive the quick entrance in our “retina” of a painting that, even when it appears to be unwinding into its own peculiar labyrintic measure, amoebic (or: a generating nucleus of every living form), biomorphic, evocative, it involves instead rips, fractures, silences, flame flashes, morbid ambiguities. For this reason it’s evident that the essential problem that stands at the centre of the artist’s research is: the colour-light. lt’s the fixed pivot around which turns an ancient italian “tradition”, but also a tradition of the twentieth-century, that goes from Matisse to Abstract Expressionism, from Rothko to Boccioni, to Balla. The plastic colour is above all the expression of a subjective “mood”, of a libido that becomes eros of possession, but also a gaudy and bright way of liberation.

The colours submerged in Liliana Ciotto ’s light performe the beauty of an instant, forgotten and rediscovered emotions that teach us the joy of the look, the capability of being delighted by it, against the temptation of giving up. “Things” exist when we discover-therefore we invent-their colour and their light, and in the “colours of the day”, and of the nature, live all the colours possible.

The artist however doesn ’t make the images explicit, but instead follows what could be called the flow of unconscious thought, the winding journeys, the sudden starts the returns, the accelerations of our inner feelings . In this gauzy land of the foundations inexistence, sharp, black, quick signs of Liliana Ciotto, as if for a challenge, acrobatically move towards an opening that no horizon encloses. The painting – worked in various stratifications -becomes an event that, through colour, displays the matter in such a way that the surfaces are flooded with light, and the world of shadows moves away.

Liliana Ciotto in this case seems to be giving to the painting that alchemic value, that belongs to it as an operation that brings the matter from a lower to an upper level, through a quick and precise operation that sees united in one aim thought and action. To reactivate imagination not as a simple creative fancy, but as energy, as power of lite, as mental and emotional horizon, it’s the only condition tor changing the image into meaning, from cosmetic of the world into other worlds and other ways of existence and communication.